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I vincoli e le suggestioni che la struttura settecentesca della chiesa dei Santi Vito e Modesto hanno posto nella scelta della collocazione e della forma dell'organo sono stati il riferimento costante nella sua progettazione.
Gli spazi della chiesa di Cermenate non offrono la possibilità di collocare l'organo nel presbiterio né in posizione ad esso vicina. Il vincolo ed il rispetto delle caratteristiche spaziali settecentesche dell'edificio, coerenti e vive in tutte le sue parti, ci hanno fatto optare per la soluzione tradizionale di mantenere l'organo sopra l'ingresso, nella navata centrale.
La realizzazione di un "coralino", piccolo organo per l'accompagnamento del canto, posto a sinistra del presbiterio, integra le esigenze di uno strumento strettamente destinato a supporto del canto liturgico.
Anche l'ultimo organo, da tempo in disuso, della chiesa di Cermenate era posto sopra l'ingresso: si trattava di un insieme di blocchi di canne, non compattati all'interno di una struttura di cassa armonica, ma collocati liberamente sotto la volta della navata centrale. Questa soluzione aveva il pregio di lasciare libera la finestra della facciata, che tanta parte ha nell'equilibrio dell'illuminazione della chiesa.
Uno degli intenti della progettazione è stato quello di non rinunciare a questa luce che piove dall'alto e che dilata longitudinalmente la navata principale.
Si è trattato di definire un volume ed una forma che si inserisse nell'architettura, integrandosi ad essa: si è voluto armonizzare il volume del nuovo strumento con la curvatura della grande volta. La parrocchiale dei S.S. Vito e Modesto è stata costruita con caratteristiche "barocche" e le ha conservate, nelle variate vicende del suo completamento, negli spazi, nelle decorazioni, nei colori: lo studio dell'organo si è naturalmente indirizzato verso uno strumento con caratteristiche strutturali e musicali rievocanti l'epoca barocca.
La scelta del tipo di strumento, delle sue caratteristiche e specificità, è nata da un intenso dialogo preparatorio durato più di un anno ed una attiva collaborazione con Eugenio Mascioni e gli altri componenti della casa organaria di Cuvio, che ha portato il contributo di grande competenza musicale anche per definire i problemi formali: forma e musica, musica e colore sono stati interpretati unitariamente.
E stato quindi progettato uno strumento articolato in due volumi, con l'organo positivo detto tergale perché posto alle spalle del suonatore, integrando diverse esigenze: quella di rispettare la luce della finestra della navata, quella di porre l'organo positivo in posizione più vicina all'assemblea in modo da accompagnare il canto corale di tutti (è questa una scelta che interpreta la partecipazione liturgica, musica e canto, estendendoli a tutta la comunità e non sottolineando la tendenza "concertistica" della corale separata), ed infine la volontà di riproporre le caratteristiche dell'organo barocco della migliore tradizione centro-europea.
L'organo con il positivo tergale non era sino ad ora presente nella diocesi comasca, e sono rari gli esempi in Italia. La proposta per Cermenate è un organo caratterizzato e specifico, che costituisca una voce particolare tra le presenze, varie e diverse, del patrimonio organistico della diocesi.
Scelta la struttura ed i conseguenti volumi, il disegno ha articolato le forme ed i dettagli riprendendo per accenni e rievocazioni le caratteristiche decorative ed artistiche della chiesa, lo spessore delle cornici, le linee di luce ed ombra delle gole e degli sporti. Prevale comunque sui dettagli la forma delle due grandi ali, a segmento di cerchio, che racchiudono l'occhio di luce della facciata, e prevale il profilo del positivo tergale, che ricorda le proporzionale leggerezze del '700.
I colori sono il più esplicito collegamento tra l'antico ed il nuovo: la cassa armonica dell'organo ha colori chiari, luminosi. Ma anche in questa scelta si è trattato di "leggere" con attenzione quanti colori già decoravano l'edificio: sopra l'arcone che regge la cupola, vista dalla parte del presbiterio vi è un cartiglio, con la dedica ai S.S. Vito e Modesto. Il verde azzurro e la luminosità di questo cartiglio sono gli stessi di cui è stato dipinto l'organo. Stesso colore peraltro che emerge dai fondali fantastici degli affreschi dei Quaglio.
Dunque è ancora quella interpretazione data dagli artisti del '700, (visione poetica di primaverili luminosità mattutine, soffuse di brume), riecheggiata poi dal Conconi nei suoi affreschi e decorazioni, che è stata ripresa: meditazione inviata da lontano e protratta nel tempo, come avviene per le opere che sono frutto di una collettività e che sono destinate a durare, oltre alle singole vicende.
L'organo di Cermenate è composto "rovesciando" la disposizione
consueta delle canne. Nella tradizione antica, ripresa quasi sempre anche nelle realizzazioni contemporanee, la facciata dello strumento è composta dalle canne più grandi, che costituiscono l'apparato decorativo, e nascondono la parte degli elementi suonanti di dimensioni più piccole. La facciata normalmente è composta dalle canne di lega di colore argentato e comunemente si pensa che tutti gli elementi dell'organo siano dello stesso metallo. Al contrario, alla molteplicità dei suoni corrisponde diver-sità di materiali: canne di stagno e piombo dunque, ma anche di rame e di legno.
Abbiamo pensato che il nostro tempo è caratterizzato più dall'interesse per la struttura delle cose che per le forme di facciata; è latente un desiderio di conoscere come le cose sono costruite, come funzionano. L'interesse dei bambini e dei ragazzi è attratto più facilmente da un meccanismo in funzione che da una forma che lo nasconde.
Dunque per lo strumento musicale abbiamo scelto il criterio dell'evidenza: che gli elementi siano palesi e l'occhio dell'osservatore possa indagare tra la molteplicità dei componenti, e rendersi conto, almeno in parte, della complessità della struttura.
Porre in luce la complessità significa, nella poetica moderna, accostare e coordinare elementi diversi e, dando ad essi armonia, ricostituire la "decorazione".


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